Vendemmia 2025: un’Italia del vino in un anno difficile
- Donatella De Lucia
- 2 set
- Tempo di lettura: 3 min

Settembre è appena iniziato e nelle campagne italiane l’aria profuma già di vendemmia. Le forbici scorrono tra i filari e le cassette si riempiono di grappoli che raccontano una storia complessa: quella di un’Italia del vino che, pur tra difficoltà economiche e geopolitiche, prova ancora una volta a trasformare resilienza in qualità.
Un’annata disegnata dal clima
Il 2025 non è stato un anno facile.
L’inverno mite e la primavera piovosa hanno dato respiro a vigneti provati dalla siccità del 2024. Poi sono arrivati giugno e luglio, con giornate calde ma notti fresche, condizioni ideali per la maturazione aromatica delle uve. Agosto, invece, ha mostrato il lato imprevedibile del clima: caldo intenso al Sud, piogge abbondanti al Nord.
Il risultato è una vendemmia disomogenea, ma nel complesso positiva.
Secondo Coldiretti e UIV, la produzione nazionale si aggira intorno ai 45 milioni di ettolitri: non un record, ma un volume che conferma l’Italia come primo produttore mondiale.
La qualità viene definita “buona o ottima”, con grappoli sani e maturazioni equilibrate.
Al Sud e nelle isole le quantità crescono, spinte soprattutto da Puglia e Sicilia; al Nord, invece, alcune aree pagano cali fino al 20%. Il Veneto si distingue in controtendenza: grazie a piogge estive provvidenziali, promette una delle migliori annate recenti, soprattutto per i bianchi e le basi spumante.
I mercati tra luci e ombre
Se i filari sorridono, il mercato rimane incerto. Gli Stati Uniti, primo sbocco dell’export italiano, sono un osservato speciale: i dazi introdotti a metà anno hanno rallentato gli ordini, creando un clima di prudenza tra importatori e distributori. In Europa, i consumi interni restano deboli, con un calo attorno al 2-3%.
Ci sono però segnali incoraggianti: Canada e Germania hanno registrato un forte aumento delle importazioni di vino italiano nei primi sei mesi del 2025, rispettivamente +11% e +10,3%. È un promemoria importante: diversificare i mercati non è più un’opzione, ma una necessità.
La scena internazionale: la Francia rialza la testa
In questo contesto, guardare oltre confine aiuta a misurare la portata della sfida. In Francia la vendemmia 2025 è in ripresa: le stime parlano di 40-42,5 milioni di ettolitri, un aumento fino al 17% rispetto allo scorso anno. Champagne, Borgogna e Loira respirano dopo campagne difficili, mentre Bordeaux e Languedoc restano frenate dalla riduzione delle superfici vitate.
Il confronto resta chiaro: l’Italia guida in quantità, ma la Francia continua a dettare il ritmo della percezione internazionale. Per i nostri produttori questo significa una sola cosa: puntare ancora di più su qualità, autenticità e racconto dei territori.
Quale direzione per il vino italiano?
La vendemmia 2025 non deve essere celebrata con trionfalismi: il settore vive un momento complesso, fatto di costi produttivi in crescita e mercati sempre più volatili. Ma ogni cassetta di uva raccolta oggi porta con sé un messaggio forte: la viticoltura italiana sa resistere, adattarsi, reinventarsi.
Per i produttori, la sfida è trasformare questa resilienza in valore aggiunto. Le strade sono chiare:
Raccontare la qualità con uno storytelling credibile, capace di emozionare consumatori e buyer.
Diversificare i mercati, senza dipendere da un solo Paese.
Investire in sostenibilità e digitale, leve che parlano alle nuove generazioni e consolidano la reputazione globale del Made in Italy.
Una vendemmia da leggere nel lungo periodo
Il 2025 non sarà ricordato come l’anno delle quantità record, ma forse come quello della consapevolezza. Quella che invita a pensare al vino non solo come prodotto agricolo o bene di consumo, ma come ambasciatore di cultura, resilienza e identità.
E mentre i grappoli di quest’anno iniziano il loro viaggio verso la cantina, il messaggio che arriva dai vigneti italiani è chiaro: la strada è difficile, ma ogni annata resta un’occasione per rafforzare il legame tra terroir, mercato e futuro.










Commenti