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Dazi USA al 15% sul vino: un problema da affrontare alla radice

  • Immagine del redattore: Donatella De Lucia
    Donatella De Lucia
  • 25 ago
  • Tempo di lettura: 3 min

L’estate si sta chiudendo, ma per il settore vitivinicolo italiano non c’è stato il tempo per rilassarsi. I dazi USA al 15% su vino e spirits europei, in vigore dal 1° agosto 2025, sono una minaccia reale che scuotono l’export italiano, una vera e propria crisi strutturale che richiede soluzioni radicali e non palliativi.

Le aziende devono agire con urgenza, ma il cuore del problema – i dazi stessi – va affrontato a livello politico e diplomatico, senza illusioni di facili rimedi.


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L’impatto dei dazi USA sul vino italiano

Secondo Federvini e Unione Italiana Vini (UIV), il settore rischia di perdere 317 milioni di euro nei prossimi 12 mesi, con stime che salgono a 460 milioni in caso di svalutazione del dollaro.

  • Nel 2024 il mercato USA valeva 1,76 miliardi di euro, pari al 24% dell’export vinicolo italiano.

  • Il 70% delle esportazioni – circa 364 milioni di bottiglie per 1,3 miliardi di euro – è colpito direttamente.

  • Il 76% delle 482 milioni di bottiglie spedite lo scorso anno si trova in “zona rossa”.

I vini più esposti includono:

  • Moscato d’Asti (60% dell’export verso gli USA)

  • Pinot Grigio (48%)

  • Chianti Classico (46%)

  • Rossi toscani e piemontesi (35% e 31%)

  • Prosecco (27%)


No, nessuna esenzione in vista

L’accordo UE-USA prevede dazi al 15% sul 70% delle merci europee esportate negli Stati Uniti, senza eccezioni per vino e spirits.

Le negoziazioni tra associazioni di settore e autorità proseguono, ma le prospettive di esenzioni immediate sono scarse.

  • In Francia, lo Champagne rischia rincari fino a 20$ a bottiglia.

  • In California, l’aumento dei costi di botti, tappi e bottiglie importate pesa anche sulle cantine locali.

  • Negli USA, i dazi faranno salire i prezzi all’ingrosso di 0,86$ per gallone di vino e 0,82$ per gli spirits, con un impatto medio di +1$ per un drink al bar o +12$ per una bottiglia.

Lo scenario evidenzia una verità scomoda: i dazi non sono solo un problema italiano, ma una barriera commerciale che danneggia entrambe le sponde dell’Atlantico.


La radice del problema: i dazi vanno eliminati

Il vero ostacolo è politico. I dazi sono una decisione unilaterale degli Stati Uniti, e colpiscono un settore strategico per l’Europa senza portare benefici chiari ai produttori americani.

Per affrontarli alla radice, servono azioni coordinate e incisive:

  1. Pressione diplomatica UE-USA L’Unione Europea deve intensificare le negoziazioni, coinvolgendo non solo i ministeri dell’Agricoltura, ma anche Commercio ed Esteri. Un fronte comune europeo è essenziale per ottenere un’esenzione totale o parziale, come già avvenuto in passato per altri comparti.

  2. Coinvolgimento delle istituzioni italiane Governo, Regioni e consorzi devono fare lobbying congiunto, portando dati concreti sull’impatto economico (460 milioni di euro di perdite potenziali) e sottolineando il danno occupazionale lungo la filiera.

  3. Alleanze transatlantiche Collaborare con importatori, distributori e associazioni americane (es. Wine Institute) per dimostrare che i dazi danneggiano anche consumatori e imprese USA, aumentando la pressione interna per un cambio di rotta.


Strategie di contenimento, non di resa

Mentre si lavora sul fronte politico, le aziende italiane devono restare immobili. Le azioni possibili sono chiare, ma devono essere considerate misure di contenimento, non soluzioni definitive:

  • Mercati alternativi: Asia (Cina, India, Corea del Sud) e Canada offrono opportunità, ma richiedono investimenti e tempo.

  • Vendite dirette (DTC): E-commerce e wine club rafforzano i margini, ma non compensano la perdita di un mercato come gli USA.

  • Ottimizzazione dei costi: Packaging sostenibile, logistica efficiente e negoziazioni più incisive con la GDO americana possono attenuare l’impatto.


Non facciamoci illusioni

I dazi USA al 15% sul vino sono una ferita profonda per tutto il nostro comparto.

Le strategie di adattamento, pur necessarie, non curano la causa.

La soluzione definitiva richiede un’azione politica forte e coordinata per eliminare o ridurre i dazi, coinvolgendo governo nazionale, UE e partner americani.

L’autunno 2025 sarà cruciale: il settore deve unirsi per difendere la propria competitività. Non servono i rimedi temporanei: serve una voce unica, autorevole e determinata, capace di affermare che il vino italiano è, vero, un prodotto commerciale, ma un immenso patrimonio culturale ed economico da tutelare.

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