Dazi Trump 2025: impatto su export italiano e vino
- Donatella De Lucia
- 28 lug
- Tempo di lettura: 6 min
L’accordo del 27 luglio 2025 stabilisce un dazio del 15% sulla maggior parte delle merci UE esportate negli Stati Uniti, con esenzioni per settori come l’aeronautica, i farmaci e alcuni prodotti chimici.

In cambio, l’UE si è impegnata a incrementare gli acquisti di energia statunitense per 750 miliardi di dollari, investire 600 miliardi in infrastrutture e armamenti americani e ordinare equipaggiamenti militari per un valore non specificato. Definito da Trump “il più grande accordo commerciale di sempre”, l’intesa ha evitato una guerra commerciale più ampia, ma non è priva di criticità.L’Italia, che nel 2024 ha esportato beni per 65 miliardi di euro verso gli Stati Uniti (circa 70 miliardi di dollari), di cui 2,2 miliardi dal settore vinicolo, è tra i Paesi più colpiti. Il dazio del 15% non è “reciproco” rispetto alle tariffe medie dell’UE (1,6% sui beni non agricoli), come sostenuto da Trump, e si aggiunge alla svalutazione del dollaro (12-13% rispetto all’euro), rendendo i prodotti italiani meno competitivi. Inoltre, settori come l’acciaio (dazio al 50%) e l’automotive (25%) affrontano tariffe più alte, aggravando l’impatto complessivo.
Impatto Economico sull’Italia dei Dazi: Numeri, Settori e Prospettive
Secondo il Centro Studi di Confindustria, il dazio del 15% ridurrà l’export italiano verso gli Stati Uniti di circa 23 miliardi di euro nel 2025, pari a oltre un terzo del totale esportato nel 2024. Questo si tradurrà in una contrazione del PIL dello 0,4% nel 2025 e dello 0,8% nel 2026, con un impatto occupazionale stimato in 40.000 posti di lavoro persi nel 2025 e 80.000 entro il 2026, concentrati nelle piccole e medie imprese (PMI) delle filiere manifatturiere e agroalimentari. La svalutazione del dollaro amplifica l’effetto, rendendo i prodotti italiani fino al 25-30% più costosi per i consumatori americani.I settori più colpiti includono:
Automotive: Già soggetto a un dazio del 25%, l’industria automobilistica (es. Ferrari, Maserati) subirà ulteriori pressioni sui componenti, riducendo la competitività.
Macchinari Industriali: Rappresentano il 25% dell’export italiano verso gli USA e affronteranno un aumento dei costi che potrebbe spingere le imprese a cercare mercati alternativi.
Agroalimentare e Lusso: Prodotti come vino, olio d’oliva, formaggi e moda di alta gamma (es. Gucci, Prada) rischiano di perdere quote di mercato a causa dell’aumento dei prezzi.
Settore Vinicolo: Un Pilastro del Made in Italy a Rischio
Il settore vinicolo italiano, leader mondiale per volume di esportazioni, è particolarmente vulnerabile. Nel 2024, l’Italia ha esportato vini e spumanti per 2,2 miliardi di euro verso gli Stati Uniti, pari al 27% dell’export vinicolo totale (8,1 miliardi) e al 3,4% dell’export complessivo italiano verso gli USA.
Secondo Federvini e Unione Italiana Vini (UIV), il dazio del 15% causerà una perdita di 300-350 milioni di euro nel 2025, pari al 13-16% delle esportazioni vinicole, con un impatto occupazionale di 5.000-7.000 posti di lavoro nelle regioni chiave (Veneto, Toscana, Piemonte, Sicilia).
L’aumento dei prezzi al consumo, stimato al 10-12% per bottiglia, penalizzerà i vini di fascia media come il Prosecco, che rappresenta il 40% dell’export vinicolo verso gli USA. Ad esempio, una bottiglia di Prosecco da 15 dollari potrebbe costare 16,5-17 dollari, mentre un Barolo da 50 dollari supererà i 55 dollari. Questo favorirà concorrenti come i vini cileni (esenti da dazi grazie all’US-Chile Free Trade Agreement) e californiani, come sottolineato su X da molti utenti.
I vini di alta gamma (Barolo, Brunello) resisteranno meglio grazie alla loro clientela di nicchia, ma il volume complessivo delle vendite calerà. Inoltre, la minaccia di dazi settoriali futuri, come il 200% sui farmaci prospettato a luglio, potrebbe estendersi all’agroalimentare, aggravando l’incertezza.
Silvana Ballotta, CEO di Business Strategies, società leader nel supporto
all’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha commentato: "I dazi al 15% imposti
dall’amministrazione Trump il 27 luglio 2025 rappresentano una tregua temporanea, ma a un costo
elevatissimo per l’Italia. La perdita stimata di 23 miliardi di euro in export, di cui almeno 300- 350 milioni solo nel settore vinicolo, pone l’economia italiana di fronte a una sfida cruciale.
La dipendenza dalle dinamiche negoziali europee ha limitato la nostra autonomia, relegando l’Italia a
un ruolo subordinato nella trattativa con gli Stati Uniti. Questo costringe i contribuenti italiani ed europei a finanziare i sostegni necessari per mitigare l’impatto, gravando sui bilanci pubblici.
Il settore vinicolo, simbolo del ‘Made in Italy’ e pilastro della nostra identità economica, rischia di
perdere competitività sui mercati internazionali senza interventi rapida e mirati.
È indispensabile una strategia nazionale che combini incentivi immediati per i produttori,
diversificazione dei mercati di sbocco e un dialogo bilaterale moltopiù assertivo con gli USA
per proteggere le nostre eccellenze e bilanciare i rapporti."
La Trattativa: Opportunità, Limiti e Dipendenza dall’Europa
L’accordo forse ha evitato un’escalation tariffaria, ma presenta luci e ombre per l’Italia:
Punti di Forza:
La tariffa del 15% è inferiore al 30% minacciato, riducendo l’impatto economico rispetto alle stime peggiori (30-35 miliardi di euro di perdite). La premier Giorgia Meloni ha definito l’intesa “sostenibile”, sottolineando il ruolo del suo rapporto personale con Trump nel limitare i danni, ma prendere d'esempio il peggio, certo non sana la situazione.
La sospensione dei controdazi UE (valutati per 93 miliardi di euro su prodotti americani come whisky e soia) evita un’escalation che avrebbe complicato l’accesso al mercato USA (almeno per ora)
L’esclusione di settori come l’aeronautica offre un sollievo parziale, anche se l’Italia beneficia meno rispetto a Paesi come la Francia (Airbus).
Criticità:
Asimmetria economica: gli impegni finanziari dell’UE (1.350 miliardi di dollari in energia e investimenti) limitano le risorse per sostenere le imprese colpite, mentre il dazio del 15% non è proporzionato alle tariffe UE. Questo penalizza l’Italia, fortemente dipendente dall’export verso gli USA.
Dipendenza dall’Europa: la trattativa, gestita da von der Leyen, ha relegato l’Italia a un ruolo marginale. Sui social si critica l’assenza di un negoziato diretto con Trump, che avrebbe potuto ottenere esenzioni per l’agroalimentare, come successo per Canada e Messico in cambio di concessioni migratorie.
Incertezze future: L’accordo non preclude ulteriori dazi settoriali, e la possibilità di tariffe più alte resta una spada di Damocle per settori come il vino.
Le reazioni politiche italiane riflettono l'ambivalenza.
Il neopresidente di Federmeccanica, Simone Bettini, ha definito i dazi un “problema importante” per l’industria, mentre Emanuele Orsini di Confindustria ha chiesto misure di compensazione urgenti. Antonio Misiani, esponente dell’opposizione, ha accusato l’UE di “resa”, criticando l’asimmetria dell’intesa. Sui social si parla di “devastazione” per l’export, evidenziando il rischio che i distributori americani riducano gli ordini di vini italiani.
Sostegni alle Imprese: chi paga e come
Per mitigare l’impatto dei dazi, sono stati e saranno proposti sgravi fiscali, incentivi all’export e fondi di compensazione, ma i costi, bene a saperlo, ricadranno principalmente sui contribuenti:
Governo Italiano: i sostegni, richiesti da Federvini e Unione Italiana Vini per il settore vinicolo, saranno finanziati dal bilancio dello Stato attraverso tasse, riallocazione di risorse o aumento del debito pubblico. Il Ministero dell’Agricoltura potrebbe stanziare fondi per i produttori vinicoli, mentre il Ministero dello Sviluppo Economico supporterebbe le PMI manifatturiere. Ad esempio, un programma di sgravi fiscali potrebbe ridurre la pressione sulle imprese che assorbono parte del dazio.
Unione Europea: un fondo di compensazione europeo, come suggerito da Confindustria, sarebbe alimentato dai contributi degli Stati membri (inclusa l’Italia) e da risorse proprie dell’UE (es. dazi doganali, tasse sulla plastica). Programmi come la Politica Agricola Comune (PAC) potrebbero essere utilizzati, ma gli impegni finanziari verso gli USA (1.350 miliardi di dollari) limitano la disponibilità di risorse.
Imprese e Consumatori: i produttori vinicoli potrebbero assorbire parte del dazio riducendo i margini di profitto, ma ciò comprometterebbe la loro sostenibilità. In alternativa, trasferire i costi ai consumatori americani tramite aumenti di prezzo rischia di ridurre la domanda, specialmente per i vini di fascia media.
Il peso economico ricadrà quindi sui contribuenti italiani ed europei, con il rischio di un aumento del deficit pubblico o di prezzi più alti per i consumatori. Sui social inoltre, sono presenti commenti accesi dove si evidenzia che i contribuenti italiani pagheranno due volte: prima per i dazi e poi per i sostegni.
Un Compromesso Penalizzante per l’Italia
L’Italia si trova intrappolata tra la dipendenza economica dagli Stati Uniti, mercato cruciale per l’export, e quella politica dall’Europa, che ha limitato la sua autonomia negoziale. Gli USA perseguono i loro interessi, utilizzando i dazi come leva per ottenere concessioni economiche e politiche, mentre l’Italia subisce un accordo asimmetrico.
La mancanza di esenzioni per l’agroalimentare, a differenza di Canada e Messico, e il ruolo subordinato dell’Italia in Europa alimentano critiche. La premier Meloni ha sfruttato il suo rapporto con Trump per evitare tariffe più alte, ma l’incapacità di negoziare direttamente, lascia l’Italia estremamente vulnerabile.
Il settore vinicolo, in particolare, rischia di perdere competitività in un mercato chiave, con i distributori americani che potrebbero favorire alternative più economiche. La situazione è aggravata dalla svalutazione del dollaro e dall’incertezza su future tariffe settoriali, che potrebbero colpire ulteriormente l’agroalimentare.
Fonti:
Reuters, “Trump, EU’s von der Leyen reach deal to avert tariff war,” 27 luglio 2025
Centro Studi Confindustria, “Impatto dei dazi USA sull’export italiano,” 2025
Federvini, “Analisi sull’impatto dei dazi USA sul settore vinicolo,” 28 luglio 2025
Unione Italiana Vini (UIV), “Export vinicolo italiano: scenari post-dazi,” 2025
Tax Foundation, “Economic Impact of Trump’s 15% Tariff on EU Goods,” 27 luglio 2025
The New York Times, “Trump’s EU Tariff Deal: What It Means for Global Trade,” 27 luglio 2025










Commenti